

Cucine di un tempo, tartufi e tradizione locale
La cucina tradizionale nei diversi luoghi d’Italia, trova nei cosiddetti piatti poveri di origine contadina, la sua forma prediletta, vale per il Piemonte, come per la Campania e l’Umbria, ma più in generale per tutte le Regioni italiane.
I preparati artigianali
Cosa occorre per realizzare questi “piatti della tradizione”? Principalmente degli ingredienti naturali che vanno lavorati a mano, e qui entra in gioco un prodotto che anche quando coltivato deve rispettare la natura altrimenti non cresce e non si sviluppa, ovviamente parliamo del tartufo.
Una delle basi su cui si fonda la cucina piemontese è appunto il tartufo, che può essere raccolto o coltivato nelle sue diverse varietà.
Non è esagerato quando si parla di tradizione culinaria, nominare il tartufo tra le eccellenze gastronomiche, perché dalla tradizione stessa vengono estrapolate ricette moderne che trovano fondamento nella storia locale e nelle variazioni della stessa.
Il tartufo come cibo nella storia
I tartufi neri sopportano meglio la cottura rispetto al tartufo bianco pregiato, che in linea generale (ma non sempre e a seguire lo vedremo) anche nella tradizione, viene affettato a crudo direttamente sul piatto cucinato, e ovviamente il tartufo viene tagliato direttamente davanti al commensale per via del fatto che il calore del cibo va a favorire la fuoriuscita delle molecole odorose, che hanno un aroma molto intenso.
Il tartufo bianco pregiato però viene impiegato anche in altri modi, con costi più elevati, lo si può scegliere in cottura o nei ripieni, sapendo però che la cottura tende a bruciare gli aromi non garantendo i migliori risultati nel gusto.
Inoltre il tartufo bianco pregiato può essere impiegato anche nelle mantecature delle salse (sempre bianche) per guarnire:
- paste (come i rinomati tagliolini al tartufo)
- risotti
- polenta (come nella nostra ricetta Polenta concia alla Piemontese)
che siano a base di burro fuso e creme realizzate con l’impiego di vari formaggi.
La ricetta per questo preparato prevede ad un certo punto di spegnere il fuoco andando a mescolare al condimento le rifilature, gli angoli, e in generale le parti più piccole che non si riescono ad affettare (così da impiegare ogni parte del prezioso e raro fungo), tutte queste parti andranno triturate.
Si capisce che anche nella tradizione gastronomica, la cottura diretta che usufruisce di calde temperature è stata sempre esclusa per il tartufo bianco, perché ne depotenzia le caratteristiche estrinseche.
Vanno evitate quindi:
- rosolature
- soffritti
- fritture
- umidi
- impieghi in forno
il calore tende ad asciugare il tartufo bianco togliendo ad esso di tutti gli aromi.
Tartufo assieme ad altri ingredienti
Restando sul tartufo bianco, questo non dovrebbe essere accoppiato ad altri ingredienti che ne depotenzino l’aroma, si è detto che va affettato o tritato e poi posto sul piatto fumante, come anche oggi avviene, quindi se impiegato come aromatizzante del piatto questo è l’unico modo in cui può venir utilizzato.
Il tartufo bianco non regge comprimari invadenti ed eccessivamente marcati quali il formaggio, che resta comunque fondamentale al fine di insaporire paste o risotti. In quest’ultimo caso il tartufo non va grattugiarlo sul piatto, ma, impiegato nella fase di mantecatura o per realizzare la salsa per il condimento.
Il tartufo in tal senso e per tale impiego associato ad altri sapori forti quali lo sono quelli del formaggio, è paragonabile ad altri ingredienti di tipo aromatico e/o speziato quali:
- zafferano
- basilico
- erbe aromatiche
- spezie
accostare questi elementi ad altri sapori e odori necessita di lavorazioni culinarie specifiche, in sostanza devono essere incorporati nella cottura per regalare al piatto il gusto che merita, evitando di aggregarli a crudo.
Sapori della tradizione culinaria
Fin qui abbiamo osservato il tartufo bianco pregiato e rimanendo su quest’ultimo bisogna dire che alcuni piatti della tradizione e attualmente ancora preparati in vari luoghi d’Italia, ma il destino del tartufo più pregiato e più costoso del mondo è quello di unirsi perfettamente con i piatti più essenziali e semplici della tradizione culinaria popolare della nostra penisola, e di questi in realtà si è parlato solo parzialmente fin qui.
In passato ad esempio i contadini che trovavano dei tartufi e non trovavano il modo di venderli, sceglievano di impiegarli affettati sulle uova o sulle zuppe appena preparate, magari sulle paste che venivano preparate attraverso condimenti “poveri”, oppure li cuocevano lievemente sulla pietra del camino calda, ponendo la cenere sopra di essi, come era prassi fare per gli antichi Romani.
La prassi di cuocere i tartufi sotto la cenere venne applicata in passato, esattamente nel XVI secolo, anche alle patate giunte dall’America in Italia, visto che era uso farlo per i tartufi, praticamente da sempre, le patate vennero “trattate” nel medesimo modo.
I piatti della tradizione gastronomica un tempo considerati poveri, in quanto basati su materie prime semplici e consumabili da tutti quali:
- pane
- uova
- cereali
- legumi
- vegetali (anche spontanei raccolti in campi aperti)
venivano associati a questa prelibatezza che è il tartufo, e questi piatti potevano contare su ulteriori ingredienti anch’essi molto pregiati, tra di essi spiccavano:
- olio extravergine d’oliva
- pecorino
e al centro il tartufo bianco pregiato, il tuber magnatum Pico che come noto matura da ottobre a dicembre. Ovviamente nel corso del tempo si sono avvicendate una serie di modifiche ai piatti poveri e pieni di gusto della tradizione, che oggi possiamo gustare nei luoghi della tradizione di raccolta e coltivazione del tartufo, tra questi la città di Alba ma non solo.
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