

A trifule, col mio collega
Mi chiamo Era, come la regina degli dei.
Che siate o meno della mia specie, sappiate che detesto sciocche moine e annusate sotto la coda: un po’ di rispetto, per favore.
Appartengo alla nobile stirpe dei Border Collie – ramo Blu Merle, per l’esattezza – e possiedo al massimo grado l’attitudine tipica della mia schiatta a una concentrazione ostinata e monotematica. Quella che a voi umani può sembrare mania, per un Border è ricerca di perfezione.
A differenza di alcuni miei simili, però, io non spreco energie ad afferrare al volo dischi di plastica, né a far numeri da circo o a sospingere nei recinti stupide pecore. Ho rivolto la mia attenzione alla Terra, ai segreti che la nostra madre comune nasconde.
Ricordo quando, cucciola inesperta, fui iniziata a distinguere, tra i mille sentori che giungevano al mio naso ipersensibile, un odore unico e potente, segnale di alchimie sotterranee, di forze vitali capaci di risvegliare la mia natura selvaggia.
All’inizio, fu un vecchio calzino a farmi vibrare: imparai a scovarlo, ovunque lo nascondesse l’umano che vive con me.
A lui devo tutto. Per questo lo ammiro e lo seguo: so di non perdere tempo.
Quando mi dice “cerca!”, non è mai a caso: possiamo essere in un bosco di roverelle, o in un noccioleto, e quel magico odore non tarda a colpire le mie narici. Quando entro in azione, lui m’incoraggia: “dov’è, dov’è?” ripete due volte, secco e veloce. Siamo di poche parole, noi due, ma c’intendiamo benissimo.
Se c’è un tesoro, là sotto, faccio presto a scoprire dove si nasconde, non sbaglio mai. E lui mi blocca, dove ho puntato il naso, a volte ancor prima che mi metta a raspare nel terriccio. Tirarsi indietro, a quel punto, può sembrare un po’ strano: anch’io non so bene perché lo faccio. Con tutta me stessa, vorrei raggiungere quel frutto dal profumo irresistibile, ma forse, nella ricerca, c’è uno scopo più grande, e non è il premio che ricevo da lui a cose finite, com’è giusto.
Mi accuccio al suo fianco, lo guardo ripulire il terreno e scavare con cautela, usando quel suo attrezzo delicato. Ci vuole tempo, a volte mi chiede di nuovo di indicargli il punto preciso, ma finalmente, ecco che estrae il tartufo tutto intero. La gioia che prova! Il suo “brava”, il colpetto che mi dà sulla guancia, quelli sì sono il premio! Vogliono dire che siamo pari, in quel momento: più che amici. Due buoni compagni di lavoro. E poi si riparte.
Scritto da Lucia Berardi, insegnante di scrittura creativa
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